Il successo delle strategie multicanale, l’avvento delle esperienze phygital e la centralità delle competenze multisettoriali. Il fenomeno della digitalizzazione ha subito un’evoluzione senza precedenti nell’intento di adeguarsi allo scenario pandemico e post-pandemico. Durante il periodo di lockdown e le successive fasi di restrizione, il management più intraprendente ha individuato e adottato le soluzioni tecnologiche d’avanguardia in grado di colmare il gap dovuto a blocchi produttivi, stallo degli ordini o chiusure commerciali,
tanto che – dati alla mano – il 49% delle imprese conferma che lo stato di emergenza ha portato a un’accelerazione della trasformazione digitale del loro business.
Di fronte al repentino mutamento delle abitudini di acquisto, a nuove forme di consumo e all’esplosione del fenomeno dello smart working, per le imprese si è aperta una congiuntura utile a rilanciare la propria identità nel mercato e ricalibrare i modelli organizzativi interni alla luce di tre obiettivi.
Generare attrazione e fidelizzazione dei nuovi clienti
Rispetto a qualche anno fa, individuare, intercettare e mantenere coinvolte le buyer personas all’interno del funnel di vendita non risulta un processo tanto scontato. Da un lato, ogni individuo matura la tendenza a sviluppare almeno tre identità che agiscono nel processo decisionale: quella reale che si manifesta nell’interazione fisica, quella digitale che si estende alle conversazioni elettroniche (via chat, email, social network) e quella virtuale legata a proiezioni di un Sé immaginario, potenzialmente desiderato. Dall’altro, i punti di contatto tra cliente e azienda si moltiplicano attraverso l’introduzione di piattaforme e applicazioni che innalzano le aspettative di servizio e relazione con il brand.
In risposta a queste condizioni, il marketing multicanale si pone l’obiettivo di sollecitare l’attenzione di molteplici personalità e di farlo all’interno del contesto in cui esse si inseriscono di volta in volta, sia esso fisico, digitale o virtuale.
In linea con quanto riportato dall’indagine condotta dall’Osservatorio Multicanalità – promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Nielsen – che già nel 2020 aveva individuato come l’88% degli italiani al di sopra dei 14 anni poteva essere definito un “consumatore multicanale”, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente, occorre prendere atto che solo nel nostro Paese esistono 46,5 milioni di consumatori intercettabili sia online che offline.
Ciò significa che la vera sfida dei brand sarà intrattenere conversazioni con un pubblico sempre più numeroso, informato ed esigente, producendo contenuti che smettono di replicarsi da un canale all’altro, ma si rivolgono a spazi e identità specifici con l’intento di alimentare nel tempo infinite possibilità di up-selling e cross-selling di prodotti e servizi.
Rendere ibrida e coinvolgente la customer experience
Quando i primi siti Internet furono pubblicati online, ci fu chi ne ipotizzò la rapida estinzione e chi, invece, dichiarò la fine della carta stampata: oggi sappiamo che nel mondo della comunicazione non andò né in un senso né nell’altro e lo stesso accadrà con l’esperienza di acquisto dei consumatori.
Le potenzialità dei canali digitali, basate sull’utilizzo di software di data management, intelligenza artificiale e business automation, hanno contribuito a sostenere e arricchire le opportunità di vendita nei negozi tradizionali e viceversa.
Consapevoli del fatto che i consumatori post-pandemia non saranno più disposti a rinunciare all’alternativa digitale, le aziende all’avanguardia oggi puntano ad organizzare hybrid retail ed eventi phygital, ovvero spazi fisici in grado di rimandare a contenuti digitali e di ospitare pubblici virtuali.
Per il marketing, ciò significa dedicare maggior tempo e risorse alla fase di progettazione, al fine di creare un coinvolgimento immediato, profondo e interattivo all’interno del punto fisico di contatto tra il brand e il suo pubblico.
Con quale fine?
“Per prima cosa ci siamo immedesimati nel nostro cliente. Volevamo immaginare un sistema che rispondesse alle sue esigenze nel migliore dei modi e lo stimolasse a procedere lungo la customer experience ”, indica Luca Castellano - CIO del Gruppo Feltrinelli, in occasione della recente riapertura del punto vendita Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano.
Un esempio concreto dell’evoluzione digital dello store, che apre le porte alla messaggistica WhatsApp per un’assistenza immediata, alla scansione con QR code per l’acquisto tramite smartphone, alla realtà aumentata per accedere a contenuti interattivi che accompagnano e motivano il cliente verso l’acquisto finale.
Attirare e trattenere talenti nelle organizzazioni
L’ultimo tassello a cui è legata la futura competitività delle imprese è il fattore umano.
Laddove le competenze tecniche (hard skill) e la specializzazione sono condizioni indispensabili per la selezione di un profilo interno o di un partner esterno, le capacità relazionali (soft skill) e le digital skills diventano di primaria importanza, specie nei settori trainanti dell’Information & Communication Technology, dei Financial Services e dell’Healthcare.
Dalla risoluzione di problemi tecnici, alle conoscenze degli strumenti di graphic e web design, fino alla gestione di piattaforme digitali, sistemi di analytics e procedure di cybersecurity, saper aggregare competenze multisettoriali utili all’azienda è uno step di vitale importanza per le pmi votate all’internazionalizzazione.
Nonostante ciò, il rapporto presentato a febbraio 2021 dalla Corte dei Conti dell’Unione Europea vede l’Italia ferma al quint’ultimo posto nella classifica delle competenze digitali, con oltre il 50% della popolazione al di sotto della sufficienza nell’utilizzo delle moderne tecnologie. Una situazione che determina per le aziende la necessità impellente di progettare percorsi formativi per l’aggiornamento del know-how tecnologico e di farsi supportare da professionisti esterni in grado di colmare le competenze internamente non disponibili.
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Canio Caprarella, Elisa Poloni