Quanto incide il benessere lavorativo sulla qualità della nostra vita? Incide tanto. Trascorriamo gran parte della nostra giornata a lavorare, sia da CEO sia da dipendenti sia da lavoratori autonomi.
Talvolta il lavoro invade così tanto la nostra quotidianità da influire sulle nostre scelte di vita: dove vivere, come spostarci, cosa mangiare, come vestirci, come e quanto spendere i soldi che guadagniamo.
Possiamo dire, anzi, che il lavoro influisce sul nostro benessere psicofisico.
Questo vuol dire che per vivere bene è necessario lavorare bene. E per lavorare bene intendiamo, in questo momento, più che altro lavorare serenamente. Ed è vero anche che una vita privata serena, riesce in ogni caso a svolgere un'attività più produttiva. In questo articolo, desideriamo affrontare l'argomento, considerando qualche "strategia" per lavorare e vivere meglio.
Benessere lavorativo e benessere psicofisico
Dal lavoro dipende la nostra serenità, dunque. Attraverso di esso costruiamo la nostra stabilità materiale e arricchiamo anche il nostro senso di appagamento emotivo. Questo vuol dire che l’attività lavorativa che svolgiamo è in grado di agire sul nostro benessere psicofisico. Del resto, è anche vero che una persona squilibrata, turbata emotivamente è una persona che lavora male: tende a non trovare la giusta concentrazione per svolgere i compiti più complessi, si annoia quando deve svolgere i più semplici, è demotivata, non si entusiasma delle novità, perde la capacità di organizzarsi e così via.
È un gatto che si morde la coda: lavorare in condizioni sfavorevoli incide sulla qualità della vita (fisica ed emotiva) e una bassa qualità della vita non fa bene alla resa lavorativa, accrescendo così il senso di insoddisfazione. All’interno delle realtà strutturate, si cerca di mantenere un clima sereno. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per esempio, parla di benessere organizzativo: “Per benessere organizzativo si intende la capacità di un'organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori che operano al suo interno.”
Da qui si comprende che esiste, almeno negli ultimi tempi, una crescente attenzione verso la salute fisica e mentale di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici. Appunto, ormai è evidente: chi è contento della della propria vita, lavora meglio. Le aziende e le amministrazioni strutturate, talvolta, mettono a disposizione di tutti i dipendenti sportelli per il counseling psicologico.
E per i lavoratori autonomi cosa si fa? Be’, è proprio il caso di dire che se la piangono da soli. E ciò, fuor di metafora, vuol dire anche che si è chiamati a generare, autonomamente, quelle condizioni ideali affinché benessere lavorativo e benessere psicofisico coincidano. È semplice? No, non lo è. Non avere manager a cui rendere conto, non avere colleghi molesti, non avere la necessità di timbrare il cartellino non ti fanno essere sereni di conseguenza.
Quando le cose si mettono male, a livello personale, è ancora più complicato essere produttivi sul lavoro. Infatti, autogestirsi vuol dire essere in grado di organizzare la propria attività, a prescindere dall’andamento di tutte le altre cose. Però traumi, delusioni e forti dispiaceri possono intaccare l’equilibrio, precipitando anche il freelance nel vortice, nel circolo vizioso da cui è difficile uscire, soprattutto quando si è da soli. Premesso che, talvolta, può essere necessario iniziare un percorso di psicoterapia, possiamo pensare comunque a delle scappatoie, "strategie" che contribuiscono a gestirci meglio e fare in modo che l'equilibrio resti piuttosto stabile.
Cerca sostegno e demanda
Un problema di molte persone, manager e non, è quello di provare disagio a chiedere aiuto e/o a demandare. Ciò succede per diverse ragioni. Subentra, prima di tutto, il fattore caratteriale: chi è orgoglioso, in molti casi, è anche maniaco del controllo, quindi desidera essere il solo a gestire tutto il carico di lavoro. Tuttavia, a ben vedere, questo modo di essere porta non poche grane a chi lo vive. Infatti, tanto nei contesti relazionali sia nei contesti lavorativi, il carico di stress incrementa esponenzialmente. Ci si carica di lavoro e di responsabilità e, alla lunga, questa montagna di doveri crolla e schiaccia chi l’ha costruita.
Per il proprio benessere professionale, invece, trovare la collaborazione di persone fidate è di importanza vitale. Bisogna subito mettersi alla ricerca di una spalla su cui contare e “costringersi” a condividere i compiti, anche delicati, e le responsabilità. Gradualmente, poter contare sugli altri si trasforma in una consapevolezza e diventa un modo per riappropriarsi di una maggiore calma interiore - e anche del proprio tempo, cosa che un male non è.
Taglia i rami secchi
Tagliare i rami secchi è necessario, sia quando si cura un vero e proprio giardino sia quando si tratta di relazioni tra persone. Chiaro, non tutti i contesti professionali permettono di “tagliare”: bisogna essere nella posizione, flessibile, per poterlo fare. Per quel che riguarda i liberi professionisti, però, eseguire questa operazione è molto più semplice. Ciò non significa che non possa essere complicato. Tagliare i rami secchi significa porre fine a tutti quei legami che, per diverse ragioni, rubano energie, sottraggono attenzione o, addirittura, impediscono di vivere serenamente.
Questo ultimo punto è nodale: per ribadire, anche una relazione personale può propagare i suoi effetti negativi sull’attività professionale. Ecco perché è necessario entrare nell’ottica che se una situazione o un rapporto interpersonale causa stress e frustrazione, allora non è salutare. Solo in questa consapevolezza è possibile prendere una decisione definitiva. Ciò vale anche per le collaborazioni lavorative che comportano un grande investimento di risorse, in termini di energie, tempo e denaro, ma non conducono mai al raggiungimento di un obiettivo. Di fatto, tagliare i rami secchi significa eliminare dalla propria strada quelle vie senza uscita, focalizzandosi, invece sulle strade che, per quanto tortuose, sappiamo che ci condurranno verso una meta stabilita.
Riposa e fai quel che ti piace
Nel nostro mondo o, per meglio dire, nel nostro Occidente, si vive in modo frenetico. La lentezza sembra appartenere ad altre dimensioni e, invece, le nostre vite sono piene: ricche di cose da possedere e da fare. Ma davvero troviamo il modo di circondarci delle cose e delle persone che più desideriamo? Siamo in grado di organizzare la nostra vita in modo tale da dedicarci a ciò che amiamo? Tante volta la risposta a queste domande è negativa.
In altre parole, ottimizziamo i tempi, ma difficilmente riusciamo a dedicare quel che serve per fare due cose: riposare e fare ciò che ci piace davvero. Perché dovremmo dedicarci al riposo, alle attività che più amiamo? Perché ci aiutano a ricaricare la pila e, all’occasione, anche a trovare ispirazione. Del resto, nessuno di noi lavora mantenendo sempre costante il livello di energia fisica e mentale che impiega per farlo. Andiamo incontro ad alti e bassi di energie ed è perfettamente normale. Ecco perché a volte siamo in grado di produrre di più in poco tempo, mentre altre volte, nell’arco di ore, non siamo in grado di cavare un ragno dal buco. Il punto è che quando siamo insoddisfatti del tempo perso per fare poco e nulla, aumenta la frustrazione. Questi sono i momenti in cui, per l’appunto, non ci sono che due cose da fare: riposare e svolgere attività completamente diverse da quella lavorativa.
Non importa il numero di ore necessario per riposarti: conta che dopo tu sia nel pieno delle tue forze. Non importa se per distrarti tu abbia bisogno di passeggiare, suonare o disegnare: importa che dopo aver fatto ciò, la tua mente abbia acquisito nuovi stimoli. Proprio questo secondo aspetto del momento di “distrazione” è significativo, soprattutto per tutti coloro che svolgono attività creative, dai copywriter ai graphic designer. Impiegare le proprie risorse intellettive e manuali in attività diverse da quella prettamente lavorativa aiuta a trovare ispirazione. In altre parole, la “distrazione” è rilassante e, allo stesso tempo, è funzionale: si ritorna al lavoro riposati, ma anche più ricchi di idee, suggestioni, visioni.
Ecco perché i momenti di stop, anche totale, anche brevi, sono vitali: ti aiutano davvero. Un persona stanca o triste non lavora bene. Una persona che riacquista vigore, fisico e morale, è una persona che lavora e vede arrivare i risultati. Provare per credere!
Canio Caprarella, Bruna Picchi