Il marketing emozionale fa proprie strategie di comunicazione ad alto impatto emotivo. Si tratta di una serie di tecniche tra le più efficaci per raccontare il brand e tenere alta l’attenzione del proprio pubblico. Sono arti finalizzate a coinvolgere e appassionare le persone, quindi coinvolgono le neuroscienze e fanno leva sulla parte primordiale del cervello, quella che ha permesso all’essere umano di sopravvivere ed evolversi.
Che cos’è la comunicazione emozionale
La comunicazione emozionale è una strategia largamente usata nel marketing. Si basa sull’assunto, largamente dimostrato dalle neuroscienze, che gli esseri umani prendono le loro decisioni guidati dalle emozioni. In poche parole, per quanto ci illudiamo di fare i nostri acquisti in modo razionale e ragionato, le nostre scelte sono orientate da pulsioni primitive che rispondono in modo istantaneo a un input esterno.
L’area del cervello che condiziona i nostri acquisti è il cervello primitivo o rettiliano. Al suo interno, le emozioni creano eventi chimici che influenzano direttamente l’elaborazione e la memorizzazione delle informazioni. In assenza di emozioni le informazioni che vengono dall’esterno faticano a radicarsi nella nostra memoria. Ne consegue l’incapacità di prendere decisioni.
Comunicare un brand o un prodotto facendo leva sulle emozioni è sicuramente il modo più efficace per farlo ricordare. Le tecniche utilizzate rientrano nel più ampio contenitore della comunicazione persuasiva, basata sulla stimolazione delle varie abilità del cervello primitivo.
Emozioni e persuasione
Recenti studi di neuromarketing hanno individuato sei tipi di stimoli in grado di attivare il cervello primitivo e condurlo alla decisione:
- personale - il messaggio deve essere recepito come indirizzato alla persona o a un gruppo ristretto di persone caratterizzate da valori comuni;
- confrontabile - il confronto tra due situazioni semplifica le nostre scelte, mentre avere troppe opzioni a disposizione confonde e sovraccarica l’inclinazione primordiale a prendere decisioni rapide;
- tangibile - il messaggio deve essere semplice, l’energia cognitiva per elaborarlo deve essere ridotta al minimo;
- memorabile - per suscitare la memorizzazione occorre creare una narrazione solida con cali dell’attenzione brevi;
- visivo - è lo stimolo persuasivo più veloce, in quanto un’immagine viene elaborata in 13 millisecondi - per una parola ce ne vogliono circa 130;
- emotivo - condiziona l’attenzione, la memorizzazione e la decisione.
Pur concentrandosi maggiormente sulle emozioni, una buona strategia di comunicazione emozionale deve tenere conto di tutti i sei stimoli a cui risponde il cervello primitivo. È bene però precisare che non tutti gli stimoli hanno la stessa forza e lo stesso impatto.
Per poter creare un messaggio efficace occorre saperli dosare e mescolare nel modo giusto. Lo stimolo visivo e quello personale sono essenziali per catturare l’attenzione, quelli tangibile e memorabile aiutano a convincere. Per portare le persone alla decisione finale, quindi a compiere un'azione (contattarti o acquistare un tuo prodotto/servizio), occorre invece puntare su elementi emotivi e memorabili.
Le emozioni derivano da reazioni chimiche che si attivano in seguito a un segnale percettivo. In psicologia si individuano per convenzione sei emozioni primarie: paura, rabbia, disgusto, tristezza, sorpresa e gioia. A queste, Christophe Morin e Patrick Renvoisé, autori del best seller Il codice della persuasione, aggiungono l’aspettativa.
Catalogare le emozioni non è così semplice. È stato infatti dimostrato che il volto umano è capace di creare più di 7000 espressioni, ognuna corrispondente a una determinata emozione, ovvero a una specifica reazione chimica del cervello primitivo in risposta a uno stimolo esterno. Il mix strategico di tutte le emozioni primarie in comunicazione e il modo più efficace per coinvolgere e tenere alto l’interesse del pubblico, che diventa parte della narrazione per empatia.
Comunicazione emozionale e storytelling
Lo storytelling è la capacità di emozionare attraverso la narrazione. È una strategia che viene largamente utilizzata nella comunicazione del brand. Viene applicata indistintamente in ambito politico, economico ed aziendale. Tant'è, l’efficacia della comunicazione oggi si misura nella capacità di coinvolgere il proprio pubblico. Che si tratti di un prodotto, un’azienda o un personaggio pubblico, il racconto funziona solo se va oltre la fredda descrizione dei fatti e raggiunge livelli emotivi profondi.
Le persone cercano nella narrazione un punto di contatto con i brand attraverso una sorta di affinità emotiva. Si sentono riconosciute, comprese, al sicuro. Dal momento che tutta l’attività del cervello primitivo è volta alla sopravvivenza (non a caso è primitivo), ne consegue un atto di fiducia. Facendo leva sulle emozioni, dunque, è possibile non solo indurre all’acquisto del nostro prodotto e servizio, ma soprattutto fidelizzare il nostro pubblico.
Alla base di uno storytelling efficace ci deve essere una profonda conoscenza della propria nicchia di mercato. Non sono sufficienti i dati di targetizzazione convenzionali come età, sesso o abitudini di consumo. Occorre comprenderne le paure e i bisogni, individuare il problema e come viene vissuto. Solo in questo modo è possibile stabilire una connessione empatica con potenziali clienti.
È altrettanto importante sapere quali sono le emozioni che maggiormente influenzano le nostre decisioni: la paura del rimpianto e la forza dell’aspettativa. Nella paura del rimpianto riversiamo il senso di perdita e lo stress che deriva da una decisione sbagliata. È un’emozione negativa legata all’impossibilità di tornare indietro dopo aver fatto una scelta. Nella forza dell’aspettativa, invece, ci carichiamo di un mix di emozioni che proveremo (probabilmente) in un futuro prossimo, in seguito a un avvenimento che ci vedrà protagonisti attivi. Inserire questi elementi nella narrazione vuol dire agire sulla memorabilità, semplificare il processo decisionale e creare un legame duraturo con il proprio pubblico che si riconosce in modo immediato nel racconto e nei valori di brand.
I contenuti emozionali: l'importanza dell'elemento video
Il video è uno dei format più efficaci nella comunicazione emozionale, perché consente di lavorare in modo profondo sugli stimoli più persuasivi per il cervello primitivo.
Il primo in assoluto è la vista. L’obiettivo del video emozionale è coinvolgere e per questa ragione è particolarmente efficace in alcuni ambiti:
- valorizzazione del territorio;
- iniziative ad alto impatto sociale;
- storia aziendale;
- pubblicità.
Nel video emozionale, oltre alla vista, c’è un altro senso particolarmente impattante: l’udito. Le emozioni vengono stimolate da musiche o suoni suggestivi. Anche la voce ha la sua importanza dalla modulazione dei toni all’espressione. A differenza della vista, l’udito non è uno dei sei elementi in grado di stimolare le decisioni in modo diretto: esso agisce come interruttore e amplificatore delle emozioni. La percezione di un suono attiva in noi una reazione emotiva istantanea capace di farci prendere una decisione immediata.
I video emozionali vengono oggi utilizzati in ogni settore per la loro potenza comunicativa. L’obiettivo di marketing principale di un video emozionale non è la vendita, ma il coinvolgimento della propria nicchia. Tuttavia, le scoperte scientifiche degli ultimi vent’anni dimostrano ampiamente l’efficacia della comunicazione emozionale anche nei video promozionali.
Elementi emozionali vengono quindi inseriti anche nelle presentazioni aziendali, per le fiere e nei settori B2B.Gli spot pubblicitari e la comunicazione di prodotto sono orientati verso la stimolazione emotiva. Nike, ad esempio, lo fa da un sacco di anni. Del resto ne abbiamo parlato fin dall’inizio: le persone scelgono con il cervello primitivo in cui risiedono le emozioni. La qualità delle riprese, dell’audio e del montaggio sono elementi decisivi per rendere efficace e facilmente fruibile la comunicazione. Ecco perché un video emozionale non può essere improvvisato e occorre affidarsi ad esperti di settore.
Canio Caprarella, Eva Beccia