La comunicazione etica è un modo di scambiare con l’Altro forme di sapere ed esperienze, rispettando alcuni principi basilari: responsabilità, chiarezza e consapevolezza.
La comunicazione può (e deve) essere etica a tutti i livelli. Può esser tale sia nei contesti “analogici” sia negli ambienti digitali. Cerchiamo di comprendere meglio cos’è la comunicazione etica e quali sono i suoi principi di base
Comunicazione etica: cos’è?
La comunicazione è uno scambio di messaggi tra almeno due entità. È un modo di interagire con l’Altro, condividendo informazioni, conoscenze ed esperienze. A tutti gli effetti, è una relazione.
Da quando siamo entrati nell’era del digitale, i processi comunicativi sono entrati in maniera prorompente in ogni aspetto e momento della nostra vita. Grazie anche solo allo smartphone, da quando ci svegliamo a quando andiamo a letto, siamo connessi alla rete, entrando in contatto con persone e aziende, quindi interagendo continuamente con esse.
L’Essere Umano comunica dall’alba dei tempi. I linguaggi si sono evoluti nel corso dei millenni, ma di fatto la comunicazione è un processo primordiale. Forse l'etica è un po' meno antica. L’etica è la riflessione su come si agisce nel mondo e sullo scopo di questo agire.
Che legame intercorre tra la comunicazione e l’etica? Se comunicare è un’azione, allora noi possiamo riflettere su come realizziamo tale azione. Esiste, quindi, un’etica della comunicazione, ma anche una comunicazione etica.
Con questa ultima espressione, ci possiamo riferire a modalità di comunicazione che rispettano dei principi o, per meglio dire, dei valori.
Quali sono questi principi e come si applicano? Vediamolo subito.
Come si fa comunicazione etica?
Soffermiamoci soprattutto su ciò che riguarda il mondo digitale.
Il mondo del web è popolato da persone che entrano continuamente in relazione attraverso post e contenuti pubblicati sui social network e fonti di informazione quali riviste online, siti web, forum, blog. È un’attività che quotidianamente svolgiamo grazie al supporto di dispositivi tecnologici, quindi grazie alla tecnica.
Bene, anche tra la tecnica e l’etica esiste una relazione: il senso etico della tecnica è da trovare nell'efficienza della prestazione.
Ma noi siamo umani, giusto? Questo vuol dire che il modo in cui utilizziamo i dispositivi elettronici, frutto dello sviluppo tecnologico, non si limita all’efficienza delle loro prestazioni.
Le nostre relazioni sono più profonde, checché se ne dica, anche a distanza. Dietro gli schermi ci sono persone, cariche di storie, sentimenti ed emozioni. E chi si occupa di comunicazione persuasiva (o commerciale, per dirlo in modo più prosaico) lo sa bene che esistono le emozioni. In un certo senso, le leve persuasive stimolano le emozioni, per orientare le persone a determinate azioni.
La comunicazione digitale che riguarda le aziende e i professionisti che devono vendere beni o servizi fa proprio quanto descritto. Essa abbraccia il social media marketing, l’advertising e tanto altro.
Come può mai essere etico tutto ciò?
La comunicazione digitale si fonda su principi che la rendono in ogni caso una forma di comunicazione etica. Tali principi sono: responsabilità, chiarezza e consapevolezza.
Responsabilità
In primo luogo, la comunicazione etica implica la responsabilità. Possiamo dire tutto quel che ci passa per la testa? Possiamo davvero postare ogni cosa, senza conseguenza? Siamo totalmente liberi di esprimerci senza alcun tipo di vincolo morale?
La risposta è nì. In linea teorica, i mezzi digitali sono estremamente democratici. Se i leoni da tastiera esistono, è perché il mezzo sembra favorire l’irresponsabilità rispetto a ciò che si dice e si fa. Tuttavia, non c’è etica nel facile insulto scritto di passaggio al post di una persona che non la pensa come noi. Allo stesso modo, non possiamo definire etico l’agire di una qualsiasi entità (singola persona, azienda) che tradisca la discrepanza tra ciò che sostiene in pubblico e le azioni che compie.
Tutto quel che si fa e non si fa, tutto quel che si dice e che non si dice può essere un messaggio. E un messaggio viene sempre recepito da un utente e interpretato. Quanto detto dovrebbe farci riflettere molto attentamente sulla comunicazione aziendale e il personal branding.
Possiamo affermare qualsiasi cosa solo perché siamo popolari? La risposta è no: più si è visibili e popolari, più i nostri messaggi circolano e ne diventiamo responsabili. Ecco perché non deve esistere discrepanza tra ciò che affermiamo e ciò che facciamo. La responsabilità è prima di tutto coerenza, con sé stessi e i propri valori.
Chiarezza
Lo scrittore americano David Foster Wallace pare aver detto:
«Scrittura forbita» non significa scrittura ornata in modo gratuito; significa scrittura pulita, chiara, massimamente rispettosa.
Eliminare le ambiguità migliora l’efficacia del messaggio, ma denota anche trasparenza da parte dell’interlocutore. La qualità di quanto detto o scritto non si fonda (solo ed esclusivamente) sulla forma, caricata di un lessico poco accessibile e di una sintassi troppo articolata.
È responsabilità di chi comunica offrire all’interlocutore le concrete possibilità di comprendere il messaggio. L’ambiguità e la ridondanza esistono se le intenzioni non sono trasparenti, le finalità sono torbide, se non si nutre rispetto verso il proprio interlocutore. Ecco perché la ricerca della chiarezza è una delle missioni più importanti per i copywriter. Essi sposano la causa della comunicazione persuasiva e possono fare comunicazione etica solo se la loro scrittura è davvero rispettosa.
Consapevolezza
La consapevolezza è un altro grande pilastro della comunicazione etica. Ne esistono diversi livelli:
del mezzo;
delle relazioni;
di sé stessi.
Sottolineando, di nuovo, che ci stiamo riferendo in modo esplicito al mondo del web, la consapevolezza del mezzo è di fatto conoscenza degli strumenti digitali, delle loro dinamiche (più o meno controllabili) e del modo in cui si utilizzano.
Da tanto tempo, ormai, si parla di netiquette. In linea teorica, essa è un codice comportamentale che dovrebbe fornire agli utenti poche e basilari regole di utilizzo del mezzo. In fin dei conti, sappiamo tutti che utilizzare il maiuscolo nei post è equivale a gridare. Allo stesso modo, sappiamo anche che inviare una e-mail a uno sconosciuto, in certi casi, è inviare messaggi spam.
Ricollegandoci al discorso fatto poco fa sulla responsabilità, avere consapevolezza del mezzo digitale vuol dire anche sapere che le dinamiche digitali talvolta sfuggono di mano. È il prezzo della viralità e ciò rende impossibile sapere come la rete potrà reagire a notizie, affermazioni, contenuti condivisi e così via. Quanto meno, non è possibile sempre prevedere i comportamenti delle persone online. La comunicazione è etica se è consapevole di questa caratteristica del web, che lo rende molto meno gestibile di quanto si possa immaginare.
La consapevolezza delle relazioni è estremamente ampia. Abbraccia tante forme di relazione:
tra utenti;
tra professionisti e brand;
tra brand e utenti.
Il discorso sarebbe davvero molto ampio. Per comprendere meglio a cosa stiamo facendo riferimento, possiamo immaginare tre situazioni.
La prima situazione è quella in cui si verifica un caso di ghosting. Il ghosting è una pratica attuata da persone che scompaiono, troncando improvvisamente e di netto le relazioni, senza ragioni apparenti, senza fornire motivazioni. È chiaro che evenienze simili andrebbero anche analizzate caso per caso, ma il puro ghosting presuppone un sottrarsi immotivato alla relazione, quindi alla comunicazione con l’interlocutore.
La seconda forma di relazione riguarda il rapporto tra professionisti e aziende. Immaginiamo proprio i professionisti del web, che possono scegliere se mettere il cliente a conoscenza dei veri rischi e benefici di una strategia di marketing. Siamo tutti davvero propensi a spiegare ai clienti come e in che modo un blog aziendale o l’advertising sono più o meno utili per la crescita dell’azienda?
Immaginiamo, infine, la terza situazione. Pensiamo al customer care, cioè all’assistenza clienti. Che impressione dà l’azienda se essa non fornisce ai propri clienti il giusto supporto? Che sensazione prova il cliente, se nessuno risponde al telefono o il messaggio inviato nella chat non viene mai letto? Diciamolo brutalmente: si sente tradito. Ti è stata data fiducia (attraverso l’acquisto) e tu non l’hai apprezzata, immaginando che fornire il tuo bene/servizio sia la sola cosa che conta fare.
Per finire, la consapevolezza di sé è riconducibile al personal branding. Il discorso riguarda tutti coloro che comunicano per sé stessi oppure sono una personalità che rappresenta un’entità maggiore (ad esempio, il CEO di un’azienda che fa personal branding su LinkedIn).
Anche se si è singoli individui, la comunicazione etica continua a fare riferimento agli stessi principi. Per crescere in popolarità e per ottenere una buona reputazione:
devi assumerti la responsabilità di ciò che dici e fai pubblicamente;
comunichi in modo chiaro chi sei, cosa fai, quali sono i tuoi obiettivi nella vita;
sai che ogni mezzo digitale ha le sue regole e ti attieni ad esse, sempre.
In fin dei conti, la comunicazione etica si fonda su valori molto semplici. Ma il fatto che essi siano semplici non comporta fedeltà assoluta ad essi - almeno, non vale questo per tutti.
Ciò è evidente ogni giorno, in tanti contesti: vediamo influencer che non dichiarano le collaborazioni, aziende che truffano o che non sono presenti per i propri clienti, persone che si spacciano per professionisti, conversazioni online che hanno ben poco della riflessione e della condivisione e hanno tutto dello scontro mortale corpo a corpo.
Per diffondere i valori della comunicazione etica c’è ancora molto lavoro da fare. Noi però possiamo iniziare a parlarne e condividerli.
Canio Caprarella, Bruna Athena Picchi